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L’eredità di Alcide De Gasperi
vive, dopo 70 anni, in tutti
gli italiani che gli devono
Democrazia e Libertà

Presentato il report “l’evoluzione dell’e-commerce: tra falsi miti ed evidenze”

L’evoluzione del panorama commerciale in Italia rappresenta una realtà in continua trasformazione, influenzata da una serie di dinamiche e tendenze che cambiano profondamente il modo in cui le imprese operano e i consumatori fanno acquisti. Molte aziende oggi hanno o stanno affrontando la strategia della multicanalità, intersecando canali fisici e digitali, per migliorare la qualità del servizio offerta ai propri clienti.

La Fondazione De Gasperi ha scelto di esplorare questo settore così determinante per l’economia del Paese e così centrale nella nostra quotidianità attraverso una ricerca – realizzata con il supporto di Amazon – dal titolo: “L’evoluzione dell’e-commerce: tra falsi miti ed evidenze” il cui report è stato presentato martedì 3 ottobre alle ore 17.30 presso la sede della Fondazione, in via del Governo Vecchio n. 3 a Roma.

È possibile consultare il report compilando il modulo sottostante.

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Magistero sociale, risorsa per ripensare l’economia

Il 5 settembre comincia il percorso di Formazione online di EUPEOPLE, la Scuola di Politica della Fondazione De Gasperi. Il secondo appuntamento sarà con Simona Beretta, Professore ordinario di Politica Economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Con lei parleremo di come la dottrina sociale può aiutare a ripensare l’economia, mettendo l’uomo al centro.

Puoi partecipare iscrivendoti qui, sul sito di EUPEOPLE, oppure utilizzando il seguente link:

https://us02web.zoom.us/j/84201858425

 

L’evoluzione dell’e-commerce: tra falsi miti ed evidenze

Il prossimo 3 ottobre, la Fondazione De Gasperi ha organizzato l’incontro di prestazione del report: “L’evoluzione dell’e-commerce: tra falsi miti ed evidenze“.

Ha moderato l’incontro Luciano Capone, giornalista de “Il Foglio”. 

Sono intervenuti:

  • Enzo Risso, Direttore scientifico IPSOS  
  • Emilio Colombo, Università Cattolica del Sacro Cuore 

 Alle 18.00 seguirà una tavola rotonda a cui hanno preso parte l’on. Marco Osnato, l’on Gian Antonio Girelli e l’on. Lorenzo Malagola.  

Le conclusioni sono state svolte da a Paolo Quercia, Direttore della Divisione Studi e Analisi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

L’evento è terminato con un aperitivo di networking. 

Compilando il modulo presente nella pagina è possibile ricevere copia del report.

 

 

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Criptovalute: dallo strumento alla tecnica

L’Associazione “Guido Carli” e la Fondazione De Gasperi organizzano l’incontro “Criptovalute: dallo strumento alla tecnica” che si terrà martedì 24 maggio alle ore 15.30 presso la sede della Fondazione, in via del Governo Vecchio 3 a Roma.

per partecipare basta inviare una mail di accredito a segreteria@associazionecarli.eu

Politica e mass media: fake news, soft news.

Il 28 ottobre la Fondazione De Gasperi ha organizzato l’incontro “Politica e mass media: fake news, soft news. Come i media influenzano gli elettori, e come la politica influenza I media“.

Moderato dal prof. Emanuele Bracco interverrà Riccardo Puglisi, Professore associato di Economia Politica all’Università di Pavia e redattore de Lavoce.info.

Alunno del Collegio Ghisleri, Riccardo Puglisi ha studiato all’Università di Pavia conseguendo prima la laurea e poi il dottorato in Finanza pubblica. Si è perfezionato alla London School of Economics ottenendo il Ph.D Economics.

E’ stato visiting lecturer al Dipartimento di Scienze politiche del MIT e Marie Curie Fellow all’ECARES (Université Libre de Bruxelles). Si occupa principalmente di Political economy, ed in particolare del ruolo politico dei mass media

 

L’incontro fa parte anche del percorso di Economia di EUPEOPLE, la Scuola di Politica della Fondazione De Gasperi. è possibile iscriversi gratuitamente all’intero percorso cliccando qui

Oppure, se vuoi partecipare solo a questo incontri clicca qui ed aggiungilo alla tua agenda: troverai direttamente all’interno dell’evento il link per partecipare.

Al via la nuova edizione di EUPEOPLE!

Eupeople 2021

Sono aperte le iscrizioni alla VII edizione della Scuola di Politica della Fondazione De Gasperi, che partirà a metà ottobre e si concluderà nei primi mesi del 2022.

A coordinare il percorso saranno Emanuele Bracco (Economia e Giustizia sociale), Antonio Campati (Democrazia e Istituzioni) e Mattia Caniglia (Geopolitica e sicurezza) membri del Comitato Scientifico della Fondazione De Gasperi.

La Scuola si articolerà in tre momenti:

  • la Formazione online, nei mesi di ottobre e novembre, suddivisa nei tre filoni tematici. Ognuno dei percorsi sarà articolato in tre incontri su ZOOM con un ospite per approfondire un tema specifico;
  • La Scuola residenziale, che si svolgerà in presenza e da remoto. Parteciperanno relatori di primo piano e le iscrizioni saranno raccolte sino al 31 ottobre per poter dar modo agli ammessi alla frequentazione in presenza di raggiungere Roma;
  • Opinio Lab, attività redazionale in cui i giovani sono protagonisti producendo contenuti, articoli e interviste rilanciate poi dalla Fondazione De Gasperi.

La Scuola di Politica sarà anche lo strumento per i giovani partecipanti di essere protagonisti della Conferenza sul Futuro dell’Europa, l’iniziativa lanciata alcune settimane fa dalla Commissione Europea e di cui la Fondazione è tra i promotori italiani. Costruiremo con le ragazze e i ragazzi le proposte da avanzare per disegnare insieme il futuro dell’Unione.

L’Italia tra tensioni sociali e metamorfosi

Conad e Fondazione De Gasperi hanno organizzato la presentazione della ricerca IPSOS “L’Italia tra tensioni sociali e metamorfosi”, un’analisi sulle preoccupazioni degli italiani alla luce dei cambiamenti che la pandemia ha innescato nella società e nelle città italiane che si terrà il 29 luglio a partire dalle ore 11.00.

 

PROGRAMMA

ore 11:00 – 11:10 saluti di benvenuto
Angelino Alfano, Presidente Fondazione De Gasperi

ore 11:15 Presentazione ricerca “L’Italia tra tensioni sociali e metamorfosi
Enzo Risso, Direttore Scientifico di IPSOS

ore 11:30 – 12:15 tavola rotonda con:

    • Giuseppe Sala, Sindaco di Milano
    • Maurizio Lupi, Parlamentare e Presidente della fondazione ‘Costruiamo il futuro’
    • Francesco Pugliese, Amministratore Delegato Conad
      modera: Luigi Casillo, Giornalista Sky TG24

Per partecipare: https://www.beliveaccess.com/29luglio/login.html

 

Screening HCV: un nuovo ruolo dei Ser.D

I dati della recente relazione del Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze riportano l’esistenza in Italia di circa 136.000 pazienti in carico ai SER.D., rispetto ai quali si suppongono essere almeno 90mila quelli HCV positivi.
I consumatori di sostanze rappresentano una priorità di trattamento per un duplice ordine di motivi

  • Costituiscono il maggior serbatoio di diffusione del virus (un PWID – person who injects
    drugs – può infettare entro 3 anni dal contagio almeno 20 altri consumatori);
  • I farmaci antivirali DAA – Direct Antiviral Agents – risultano altrettanto efficaci anche in questa fascia di popolazione. Al contempo, esistono alcune barriere che impediscono l’identificazione e la presa in carico
    dei pazienti con dipendenze affetti da HCV;
  • Ridotta capacità di prendere in carico un paziente con HCV in maniera integrata, con il supporto delle diverse figure specialistiche coinvolte, e in modo olistico;
  • Mancanza di una visione “moderna”: i Ser.D. devono avere un ruolo di sanità pubblica per rispondere ai bisogni dei pazienti con un quadro clinico complesso e delineare un sistema di presa in carico “integrata” del paziente con dipendenze affetto da HCV.

Per raggiungere l’obiettivo auspicato di emersione e trattamento del virus HCV nella popolazione con dipendenze da sostanze è necessario promuovere un’azione parallela volta a ridisegnare il ruolo dei SERD nel contesto di sanità pubblica.

Qual è il ruolo attuale dei SERD in un ambito caratterizzato da un così elevato grado di
complessità clinica? Quali sono le strategie per eradicare l’infezione da HCV, nel più ampio contesto di sanità pubblica? Come offrire al paziente un percorso di trattamento adeguato alle sue molteplici
fragilità?

 

La famiglia: un nuovo protagonismo?

Il Consiglio dei Ministri ha approvato lo stanziamento in legge di bilancio per l’assegno unico e universale previsto dal Family Act.

di Francesco De Santis

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La famiglia è ormai vittima di una delle più gravi crisi economiche vissute dal sistema capitalistico (non solo in Europa) nel secondo dopoguerra. Il comportamento “dell’attore famiglia” risente, al giorno d’oggi, dell’influenza di diversi fattoritra cui, sicuramente, quello economico. Il nesso fra economia e famiglia, d’altronde, si rinviene già nel corpo della parola economia, unione di “òikos”, che significa casa, e “nomos”, che sta a significare la parola legge.

Si può affermare, difatti, che già all’interno del nucleo familiare vengono a sussistere determinati “fattori economici”, fondamentali per la vita in comunione. Basti pensare non solamente al ruolo giocato dal risparmio ma anche dal ruolo giocato dalla produzione e dal guadagno, oltre alla formazione vera e propria del bambino nella tabella dei “valori” da portare avanti nel corso della propria esistenza. In questo anche la perdita di influenza del Cristianesimo sulla nostra cultura e sulla nostra civiltà, come ricordato da Benedetto XVI nel suo “Caritas in veritate”, ci ricorda come i difetti dei mercati spersonalizzati hanno riunificato il mondo intero in un villaggio globale senza renderci davvero fratelli.

La salvaguardia della famiglia ha assunto, con il trascorrere del tempo, un’importanza assai elevata nel dibattito pubblico e nei tavoli di concertazione fra i diversi attori presenti sulla scena socio-politica-economia.

Famiglia che, però, non può essere analizzatacome un soggetto dalla mera razionalità “economicista”. Difatti, il ruolo giocato dalla famiglia, basato su un’interpretazione multidimensionale e interdisciplinare, venne già ben interpretato dalle parole di J. Stuart Mill, secondo il quale:

“La formazione morale dell’umanità non avrà ancora sviluppato tutto il suo potenziale, finché non saremo capaci di vivere nella famiglia con le stesse regole morali che governano la comunità politica.”

La famiglia pur rimanendo un soggetto forte è, infatti, un “progetto” che, seppur al centro delle volontà dei singoli individui, si trova, oggi, dinanzi alla necessità di emergere con forza per consentire uno sviluppo maggiormente armonioso dell’intera società. Abbattere le disuguaglianze sociali è un compito che deve essere perseguito e, attraverso l’analisi delle politiche messe in atto, un nuovo paradigma per il concetto di “famiglia” è diventato auspicabile. La riforma dei congedi parentali, ad esempio, se troverà effettiva attuazione, riporterà al centro della discussione un elemento dall’indubbio valore: il ruolo della “madre-lavoratrice”. Come non ricordare, in questo, il bellissimo esempio di Martina Camuffo, assunta a tempo indeterminato “nonostante” incinta? La parità di genere deve essere foriera di nuove possibilità di convivenza, in quanto armonizzare i tempi della vita familiare e della vita lavorativa può incentivare il rientro al lavoro delle donne dopo la maternità e una maggiore serenità per tutti i “protagonisti” del “mondo famiglia”.

Dal punto di vista demografico è interessante notarecome il paragone tra i dati italiani e la media europea sia impietoso. Mentre il tasso di natalità nel nostro paese si attesta all’1.29, nel resto del continente lo stesso indicesi attesta ad un valore pari a 1,59. Questo dato, indicativo senz’altro di un progressivo sviluppo (in senso negativo) della famiglia nel lungo periodo, ha trovato ampia descrizione nel “Family Act”, la misura del Governo Italiano che intende porre un freno non soltanto alla crisi demografica ma anche consentire unprogressivo ripensamento delle abitudini di vita all’interno degli stessi nuclei familiari.Il “Family Act”, che ha trovato approvazione alla Camera il 21/07/2020 e poi lo stanziamento in Legge di Bilancioper l’assegno unico e universale a partire dal 1/07/2021, è una passo in avanti senz’altro importante che va incontro, soprattutto, alle nuove generazioni e a chi, non senza fatica, culla il sogno della famiglia.

Ma in che misura l’intervento del governo si sostanzierà per armonizzare i livelli di benessere e regalare una maggior possibilità di “investire” nella famiglia? Dai 5 punti presenti nel Family ACT (assegno universale calibrato sul reddito per figli under 18; Riforma dei congedi parentali; Sostegno alle spese educative; Incentivi al lavoro femminile; Protagonismo dei giovani under 35) appare chiaro, infatti, come il Ddl, composto da 8 articoli, si pone l’ambizioso obiettivo di intervenire in un ambito, quello della famiglia, che non può più essere tralasciato. Ad ogni modo il “Family Act” andrà valutato all’interno del complesso sistema burocratico italiano. Come, ad esempio, si concilierà con le riforme previdenziali? Inoltre, i singoli decreti attuativi dell’assegno unico e universale si concilieranno con l’equità orizzontale e verticale previste dall’art. 53 della Costituzione? L’assegno sarà progressivo, come sembra, o ci saranno, in corso d’opera, alcune correzioni prendendo spunto da altri paesi Europei in è uguale per tutti?

In questo le somme da stanziare possono giocare un ruolo fondamentale. Difatti, essendo il Family Act finanziato in parte con la soppressione di misure già esistenti (vedi bonus bebè), i fondi del “Recovery Fund” potrebbero liberare risorse e convergere sull’assegno.

È necessariosostenere un cambiamento nella divisione delle responsabilità di cura, mirando a introdurre maggiore uguaglianza di genere nella famiglia, facendo sì che i ruoli familiari non siano più subordinati l’uno all’altro ma siano complementari.

Il futuro della famiglia potrà essere roseo solo se sicomprenderà, fino in fondo, che la famiglia è davvero un “soggetto” multidimensionale, e che per la sua comprensione occorre mettersi dinanzi alla sfida della complessità.

Blangiardo (Istat): “Con il Covid nascite ai nuovi minimi. Scenderemo sotto 400 mila, il welfare deve cambiare”

Riportiamo l’intervista di Federico Fubini pubblicata sul Corriere della Sera / L’Economia a Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat e membro del comitato scientifico della Fondazione De Gasperi. 

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Gian Carlo Blangiardo, 71 anni, demografo, presidente dell’Istat dal 2019, ha notato una stranezza: nove mesi dopo l’arrivo della nube tossica di Chernobyl, nel maggio del 1986, la natalità in Italia è calata (temporaneamente) del 10% rispetto alla norma di quel periodo. Gli italiani avevano reagito all’incertezza e alla paura rinviando le scelte di procreazione.

Presidente, il Covid innescherà lo stesso effetto, magari moltiplicandolo?

«In Italia abbiamo una tendenza che dura dal 2009, con un calo di circa un quarto delle nascite da allora. Già gennaio 2020, prima della pandemia, ha un calo dell’1,5% rispetto a un anno prima. Vedremo dai dati di dicembre quanto la paura avrà inciso, a partire da marzo. Contano anche l’incertezza sul lavoro e le difficoltà della vita quotidiana, che inducono le persone a posticipare il momento di avere un figlio fin quando magari diventa tardi. Fare previsioni è difficile, ma temo che nel 2021 potremmo scendere sotto le 400 mila nascite».

Erano più di un milione nel 1964, 576 mila nel 2008.

«Da notare che il declino riguarda anche la popolazione straniera. L’immigrazione oggi porta 62 mila nati all’anno, dopo essere arrivata a 80 mila. Ma aldilà dei fattori congiunturali — la crisi, la pandemia — in Italia c’è soprattutto un effetto strutturale, perché si sta riducendo il numero di persone in età feconda. I nati all’apice del baby boom oggi hanno 56 anni. Le generazioni in età riproduttiva saranno sempre più ristrette».

Come reagire?

«Dobbiamo rendere compatibili lavoro e maternità, con un maggiore coinvolgimento dei padri».

Più congedi di paternità?

«C’è anche un aspetto culturale. Ci siamo sempre illusi che dovesse essere lo Stato a risolvere il problema con un bonus, un aiuto, una legge. Invece occorre coinvolgere su questa vera e propria emergenza anche altri attori: il non profit o le imprese, che possono offrire ai dipendenti il servizio di asilo nido. Non è paternalismo, è un investimento. Stiamo prendendo coscienza del problema solo ora, iniziamo a capire che se non facciamo niente la questione diventa veramente problematica per il welfare».

Che intende dire?

«Oggi abbiamo 33 ultrasessantacinquenni ogni cento soggetti in età attiva. Tra trenta o quarant’anni questo numero raddoppia, dunque raddoppia anche la fetta delle pensioni in proporzione al prodotto interno lordo. A quel punto o raddoppiamo la torta, ma sappiamo che non è così semplice…»

Oppure non ci saranno soldi per scuola o sanità?

«…oppure dovremmo tagliare altre cose, è inevitabile. Questa è la guerra tra poveri che sarebbe bene evitare. Ormai c’è una certa consapevolezza del problema. Ma anche resistenza nel prendersi la responsabilità di fare qualcosa per risolverlo».

Il Covid sta rovesciando il paradigma per cui in Italia la speranza di vita migliora più a Nord che a Sud?

«Senz’altro c’è una fortissima variabilità nei territori. A Roma o a Agrigento la mortalità quest’anno scende rispetto al 2019, mentre per Bergamo o per la Val d’Aosta naturalmente è vero l’opposto. Certo la speranza di vita riflette sempre i dati più recenti, ma è solo una proiezione statistica. Detto questo, l’effetto Covid dovrebbe produrre certo un numero di decessi drammatico, ma non enorme nel confronto storico. Non sono i 600 mila morti della febbre spagnola, per capirci».

Che cifre ha in mente?
«Abbiamo fatto delle simulazioni, immaginando diversi scenari. Si va dai 40 mila morti in più rispetto al 2019 agli 80 mila, ma in quest’ultimo caso solo con una seconda ondata che aumenti del 50% il rischio di morte per gli anziani».
Lo scenario centrale è di 60 mila morti in più?

«In teoria sì. Ma la seconda ondata, se ci sarà — speriamo di no — sarà meno dura dal punto di vista della letalità. Abbiamo capito come gestire meglio questo fenomeno. Noi all’Istat stiamo lavorando, con l’Istituto Superiore di Sanità e alcune università, per mettere in piedi un sistema di monitoraggio per identificare in fretta i focolai e segnalarli. Anche avere 40 mila morti in più sull’anno prima è drammatico, chiaro, ma sarebbe sempre meno di quanto è successo nel 1956 o anche nel 2015 rispetto agli anni precedenti».

La fuga dei giovani all’estero frena l’economia. In questo la riduzione della mobilità dovuta a Covid può aiutare?

«Prima del Covid, spesso il Paese non era in grado di dare un futuro ai giovani. Stupidamente investiva su di loro, li formava e li regalava al resto del mondo. Anch’io ho una figlia a Londra. Ora i giovani sono a casa, ma solo perché la mobilità si è bloccata. La scommessa sarà riuscire a creare condizioni che consentano loro di restare anche dopo per la ricostruzione. Altrimenti andranno a fare la ricostruzione degli altri Paesi».

I dati dell’occupazione durante la pandemia dicono che sono sempre i giovani a pagare.

«Sono le fasce meno protette, che si fanno carico di tutta la flessibilità. Credo che la parola magica sia opportunità. Magari con regole un po’ più adatte non a licenziare o a sfruttare, ma a dare a ciascuno la possibilità di trovare il posto giusto».